Ci ha lasciati il Prof. Giuseppe Fontanazza. Un grande studioso dell’olivo, agronomo, ricercatore e per molti anni Direttore dell’Istituto di Olivicoltura del CNR di Perugia. Instancabile lavoratore, interessato a tutto ciò che era nuovo, ma sempre con grande rispetto e senso di protezione del passato. Ha scovato, restaurato e valorizzato vecchi libri, quadri e mobili antichi quale grande conoscitore dell’arte italiana e ha raccolto più di 2000 varietà di olivo, a partire dagli anni ’70, in Italia e nel mondo. Ha prodotto una collezione varietale unica nel suo genere. Per lui il materiale genetico era fondamentale per conoscere l’olivo in tutte le sue espressioni, per capire il suo adattamento, per creare nuovi incroci, ma soprattutto era conservazione di antiche biodiversità, come soltanto l’olivo, tra tutte le specie, è stato in grado di preservare nel tempo.
Ha valorizzato il vivaismo contribuendo alla delocalizzazione dei vivai con la messa a punto del “cassone riscaldato”, un sistema semplice di propagazione per talea, che ha visto nascere molti vivai nelle regioni italiane e anche all’estero. Ha sempre immaginato una olivicoltura moderna meccanizzabile nella raccolta e nella potatura. Quando il mondo ricostituiva vecchi impianti danneggiati dal freddo con il taglio alla base, lui proponeva il rinnovo dell’intera filiera olivicola con nuovi oliveti. Quando si scrivevano saggi per la potatura di forme complesse, lui proponeva forme semplici e meccanizzabili. Quando si pensava all’olivo come pianta da tenere chiusa nel mediterraneo, ha contribuito a farle varcare i confini verso il sud del mondo. Quando l’olivicoltura poneva limiti produttivi e di conduzione, ha immaginato, realizzando, il superintensivo “tutto italiano”. Era il 1991 quando si costituì il primo impianto ad alta densità, con cultivar italiane, in Umbria. Per fare questo occorrevano nuove varietà, con caratteristiche diverse da quelle che l’olivo aveva sempre avuto, ci voleva la bassa vigoria e l’alta capacità produttiva. Brevettando nuove cultivar, come la FS17/Favolosa, inoltre, ha anche dimostrato che la difesa da patogeni aggressivi, come il batterio della Xylella, trova una risoluzione nel miglioramento genetico.
Purtroppo l’olivo non è una pianta che tollera grandi cambiamenti nell’arco di pochi anni, è fortemente legato a tradizioni e superstizioni, difficili da superare per molti.
Ma l’eredità più grande penso l’abbia lasciata ai tanti agronomi come me, che hanno seguito i suoi corsi, le sue lezioni, soprattutto quelle in campo, dove ci ha insegnato a guardare e a capire la pianta di olivo, a trovare nelle varietà molte risposte a interrogativi ancora irrisolti. Ci ha insegnato a guardare il futuro come se fosse già presente. Colui che sa trasmetterti grandi entusiasmi per il lavoro è sicuramente un grande maestro.
Angela Canale